Carsten Semenya, una donna che non può gareggiare con le donne
Carsten Semenya, l’atleta sudafricana al centro di una disputa “sul sesso”, ha ricevuto dall’International Association of Athletics Federations una replica alla sua accusa di averla usata “come cavia da laboratorio nella faccenda riguardante il nuovo regolamento sugli atleti iperandrogenici”, costringendola, per gareggiare, a sottoporsi a test del sesso e a cure ormonali.
La sudafricana ha vinto la medaglia d’oro nella prova degli 800 metri piani femminili ai Mondiali di atletica leggera.
“E’ biologicamente un maschio”, sostiene la federazione mondiale di atletica in una nota in cui spiega la tesi esposta davanti al Tas di Losanna, che le ha dato ragione nei confronti della mezzofondista.
Quest’ultima contestava la regola secondo cui, per poter continuare a gareggiare, lei e le altre nella sua stessa condizione di iperandrogenismo devono obbligatoriamente sottoporsi a una terapia ormonale per ridurre i propri livelli di testosterone.
La Semenya ha replicato dicendo di sentirsi “ferita in un modo che le parole non riescono a spiegare”.
L’iperandrogenismo in una donna indica una eccessiva produzione di ormoni maschili, in particolare di testosterone, da parte delle ghiandole endocrine, surreni e ovaie.
Gli ormoni androgeni in piccola percentuale vengono prodotti anche dalle donne, ma quando il loro livello aumenti eccessivamente nel sangue, allora è sempre sintomo di una qualche disfunzione, in genere a livello ovarico.
Per la Iaaf il livello di testosterone nel sangue di Semenya è troppo alto perché possa continuare a gareggiare con le donne.
Gli ormoni, infatti, la avvantaggerebbero rispetto alle altre atlete.