22 Novembre 2024
Cronaca Abruzzo

Teramo, Associazioni Osservatorio parti civili nel processo Acqua Gran Sasso

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A l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso da WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT, FIAB, CAI e Italia Nostra, ha tenuto una conferenza stampa per fare il punto della situazione alla luce dell’udienza del 26 febbraio scorso e delle recenti dichiarazioni del Commissario straordinario per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso, Prof. Corrado Gisonni.
 
Sul fronte giudiziario sembra che finalmente il processo possa avviarsi. Cinque Associazioni tra quelle che compongono l’Osservatorio (WWF, Legambiente, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia – GADIT e CAI) sono state ammesse come parti civili nel procedimento penale davanti al Tribunale di Teramo a carico dei vertici di Strada dei Parchi SpA, INFN e Ruzzo Reti SpA a seguito dell’incidente dell’8 e 9 maggio 2017 che comportò il divieto di consumare acqua in quasi tutta la provincia di Teramo.
“All’udienza del 26 febbraio, il dott. Domenico Canosa, con un’articolata ordinanza ha riconosciuto alle associazioni ambientaliste, e non solo, la qualità di soggetti lesi dal reato e ne ha ammesso la costituzione come parte civile”, ha dichiarato l’Avv. Prof. Domenico Giordano che difende WWF, Legambiente, Cittadinanzattiva e CAI. “Si tratta di un’importante vittoria perché permetterà alle associazioni che da sempre si sono battute per la salvaguardia dell’ecosistema dell’acquifero del Gran Sasso di partecipare attivamente al processo, ma anche e soprattutto perché permetterà di prendere visione di tutti i documenti acquisiti dalla procura nella propria attività di indagine e far finalmente chiarezza su ciò che è accaduto e sulle responsabilità dei vari enti preposti”.
E uguale soddisfazione è stata espressa dall’Avv. Daniele Di Furia che difende le Guardie Ambientali d’Italia – GADIT.
 
Per quanto riguarda il fronte della messa in sicurezza dell’acquifero, nei giorni scorsi si è registrato l’allarme, anticipato durante l’incontro pubblico organizzato a Teramo il 14 febbraio e dopo rilanciato sulla stampa, del Commissario Gisonni che ha lamentato di non essere stato messo fino ad oggi nelle condizioni di operare come avrebbe voluto essendo di fatto privo di supporto tecnico e addirittura di una sede. È evidente che è necessario individuare dei luoghi dove collocare degli uffici a Roma, ma anche in Abruzzo al fine di garantire una vicinanza con il territorio.
È veramente paradossale che, da un lato, si sia proclamata un’emergenza e, dall’altro, si continuino ad accumulare ritardi. Il Commissario è stato previsto dalla Legge di conversione del Decreto-Legge n. 32/2019, cosiddetto Sbloccacantieri, e doveva essere nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e sentito il Presidente della Regione Abruzzo, il 3 luglio 2019. In realtà la nomina è arrivata solo il 5 novembre per diventare operativa il 12 con la registrazione alla Corte dei Conti. E da allora si attende un nuovo provvedimento per la nomina dell’ufficio commissariale.
 
Nel frattempo restano senza risposte una serie di domande:
Il lavoro del Commissario ripartirà dalle conclusioni della delibera della Giunta regionale n. 33/2019 “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso” che ha previsto una serie di interventi e una somma necessaria per affrontarli (172 milioni di euro: ad oggi non ancora individuati visto che ne sono stati stanziati 120 in tre anni)? Oppure si dovrà ripartire da capo per capire cosa fare?
Fino ad oggi è mancata da parte della politica sia nazionale che regionale la volontà di creare un sistema partecipativo rispetto al percorso decisionale. Nella legge di individuazione del Commissario ancora una volta non si sono voluti individuare specifici strumenti di informazione e coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni portatrici di interesse diffusi costituzionalmente rilevanti che per prime, ormai 20 anni fa, hanno denunciato le gravi carenze del sistema di sicurezza del Gran Sasso. Come si intende procedere per garantire il diritto all’informazione e alla partecipazione?
In base a quanto deciso nella richiamata delibera della Giunta regionale n. 33/2019 le sostanze pericolose incompatibili con l’acquifero presenti nei Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso dovrebbero essere rimosse entro il 31 dicembre 2020 (in origine era il 31 dicembre 2019, ma il termine fu posticipato di un anno per espressa richiesta dell’INFN). Siamo ormai a marzo 2020 e ancora non si sa neppure come si vuole procedere in quella che sicuramente sarà un’operazione complessa con tempi lunghi. Che cosa si sta aspettando?

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