Teramo, Polizia e l’operazione “pesha”
A conclusione di una lunga e articolata attività di indagine, stamani è stato eseguito il Decreto che dispone il fermo di 19 cittadini nigeriani facenti parte di un’associazione di tipo mafioso denominata “Supreme Eiye Confraternity (SEC)” o “EIYE”, sodalizio radicato in Nigeria, ma diffuso in molti Stati europei ed extraeuropei, equiparato per struttura e forza intimidatoria alle mafie tradizionali. Il cult è strutturato in articolazioni nazionali denominate AVIARY suddivise, a loro volta, in cellule territoriali locali chiamate Nest (nido). Il fermo è stato disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila sotto il coordinamento del Sostituto Procuratore David Mancini ed eseguito dalla Squadra Mobile di Teramo, diretta dal V.Q.A. Roberta Cicchetti, con il personale della Sezione Contrasto alla Criminalità Organizzata, in collaborazione con la Squadra Mobile di Ancona. La complessa attività si pone nel solco di analoghe importanti indagini nazionali sugli Eiye e ne costituisce approfondimento ulteriore e conferma del radicamento di tali gruppi mafiosi e della rete di relazioni, anche internazionali, che li rende particolarmente insidiosi. Le persone fermate sono organiche alla cellula locale (Nest) denominata “PESHA” che ha competenza geografica e territoriale dalla zona costiera della provincia di Teramo fino ad Ancona. L’attività di indagine, che è lo sviluppo di quelle culminate nelle operazioni di luglio 2019 (Operazione “Subjection” in materia di tratta di giovani nigeriane) e di dicembre 2019 (Operazione the “Travelers” in materia di riciclaggio di ingenti profitti illeciti in Nigeria), ha permesso di accertare che la suddetta cellula territoriale degli “Eiye”, così come l’associazione mafiosa di cui costituisce una costola, si caratterizza per la “segretezza del vincolo associativo”, la “ritualità dell’affiliazione”, l’adozione di linguaggio e simbologia rigorosi, la violenza delle azioni.
L’ingresso nell’associazione è subordinato ad un “rito di affiliazione” che avviene alla presenza del vertice e di altri membri del gruppo e nel corso del quale si alternano atti di violenza a riti tribali e viene formulato il giuramento di fedeltà agli Eiye con il quale l’affiliando si impegna al rispetto delle regole dell’associazione denominate “orientation”. L’ingresso nella confraternita prevede l’obbligo alla partecipazione, mediante il pagamento di una sorta di “tassa di iscrizione”, al finanziamento della confraternita verso la quale gli associati sono a disposizione tendenzialmente “per la vita”. Caratterizzata da una rigida gerarchia con la previsione di ruoli e cariche cui corrispondono specifici poteri all’interno, deputati al controllo del rispetto delle regole interne, ed è finalizzata alla commissione di un numero indeterminato di delitti: reati di riciclaggio ed illecita intermediazione finanziaria verso la Nigeria; tratta di giovane donne sessualmente sfruttate lungo la strada Bonifica del Tronto e sottoposte a violenze e vessazioni; cessione di stupefacenti; reati violenti nei confronti di aderenti ad altri cults o punitivi nei confronti di altri connazionali. La simbologia ed i codici linguistici sono ulteriore garanzia e connotato di segretezza: sono ispirati al mondo degli uccelli (Eiye è un uccello mitologico della tradizione nigeriana) e richiamano colori ed altri elementi individualizzanti comunemente riconosciuti all’interno della comunità nigeriana come simboli tipici del cult Eiye . Gli appartenenti al sodalizio oggetto della presente indagine cosi come avviene per le mafie tradizionali si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo, determinando assoggettamento, omertà, controllo del territorio, con particolare riferimento alla comunità nigeriana, ma con inevitabile riflesso sulla comunità complessiva. Le indagini hanno, infatti, permesso di documentare che il potere intimidatorio del gruppo si sostanziava nella commissione di violente punizioni corporali nei confronti di affiliati non rispettosi delle rigorose regole, nel ricorso all’esercizio di violenza fisica anche per la risoluzione dei conflitti interni ritenuti di ostacolo alle finalità delinquenziali e di predominio dell’associazione, nel costringere terzi ad affiliarsi anche contro la loro volontà o per opporsi e scontrarsi con cult rivali (come quello dei “ Black Axe”) al fine di assumere e mantenere il predominio nell’ambito della vasta comunità nigeriana. Nel corso dell’indagine sono state documentate molte riunioni dei membri dell’associazione che avvenivano prevalentemente, per ragioni di segretezza, nelle abitazioni dei capi. Durante tali riunioni questi (denominati Ibaka) definivano le strategie criminali del gruppo. Nel corso di tali riunioni sono state compiute violente azioni punitive decise dall’Ibaka e sono avvenute affiliazioni, come nel caso di uno degli appartenenti al gruppo che, dopo il violento pestaggio subito, ha deciso di collaborare con l’autorità inquirente. Sono state documentate aggressioni fisiche da parte dei membri dell’associazione avvenute a Martinsicuro per costringere terzi ad affiliarsi, violenti scontri avvenuti a Pesaro e ad Ancona con gli appartenenti all’opposta confraternita nigeriana dei “Black Axe”, violenze poste in essere in danno di alcune giovani donne, costrette a prostituirsi lungo la SP Bonifica del Tronto, secondo l’ormai noto schema del vincolo di restituzione del debito, imposto tramite rituale juju. Il fermo è stato disposto in quanto per molti degli indagati era imminente la fuga, visti i contatti con connazionali in Francia, Germania, Belgio, Svezia ed i progetti di espatrio condivisi, anche con loro familiari già dimoranti all’estero.Per l’esecuzione dei fermi la Squadra Mobile di Teramo ha operato oltre che in collaborazione con la Squadra Mobile di Ancona che ha collaborato nelle indagini, con l’ausilio delle Squadre Mobili di Ascoli Piceno e di Agrigento e con il Reparto Prevenzione Crimine “Abruzzo” di Pescara. Si è tuttora alla ricerca di altri 5 indagati al momento irreperibili ed attivamente ricercati.