L’Aquila, la “Nuova Arte” nella Politica
Cari amici eccoci di nuovo ad ospitare un accattivante articolo del nostro corrispondente in L’Aquila, Emidio Di Carlo, che snocciola ricordi in riferimento alla sua città.
Nel suo ricco repertorio storico-critico, il “nostro decano” dei giornalisti abruzzesi, torna a centrare l’attenzione sul presente e sul passato.
Il vissuto nella sua città, da spettatore e da protagonista appare, ad una prima analisi, delle esternazioni senza una ragione che non sia quella di voler semplicemente narrare e tantomeno di volersi inserire in un racconto finalizzato al riconoscimento del proprio lavoro.
La “Nuova Arte” della politica che egli ci offre relazione gli accadimenti odierni in relazione a quelli del tempo. La ricostruzione storica è, in effetti, una traduzione critica di quanto accadeva e traspare oggi dalle vicende culturali, soprattutto, nel mondo dell’Arte.
Non dev’essere stato facile restare residente nella città e allo stesso tempo avere avventure in lungo e in largo anche per il pianeta.
Il suo “mi sovvien” che abbiamo letto in molte note da noi pubblicate, in questa nuova ricostruzione, tra ”Arte” e “Politica”, il ‘critico” si è voluto ‘mascherare’.
In particolare, sulle rassegne internazionali degli anni Sessanta è stato uno dei più motivati artefici nel pubblico dibattito.
Ma questo, l’attuale generazione non poteva saperlo e tantomeno poteva rilevarlo sui ‘cataloghi ufficiali dell’epoca’.
Ci appariva giusto sottolinearlo.
L’inverno e la… lontana “primavera”. Tra il passato inverno e la primavera la politica rivoluziona il patrimonio artistico della città. Dapprima ‘liquidato’; poi si proietta verso la ‘Nuova Arte” e lascia che venisse liquidata la Collezione Pellicciotti, rimasta alla finestra nella chiusura dell’ultima vera Bottega Artistico-artigianale che poteva documentare il lungo cammino storico, della Scuola d’Arte a L’Aquila fino all’Accademia dei nostri giorni.
Dopo lo “zafferano” il Comune si presenta con il “suo fiore all’occhiello”, una “Nuova Arte”, ovvero, il “Museo Interattivo della Perdonanza”.
Nel comunicato diffuso dall’Amministrazione Comunale si precisa che lo spazio principale del nuovo museo sarà incentrato sul messaggio della “Bolla del Perdono”, essendo il “primo Giubileo della storia, ancora vivo e attuale”.
Una buona iniziativa?
Una messa in scena alla vigilia della tornata elettorale del 12 giugno 2022 per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale?
Il tempo svelerà la vera ragione del “nuovo fare”.
Teniamo dunque conto che il “Giubileo” voluto dal Papa del Morrone interessa la “Bolla del Perdono” e non la “Bolla della Perdonanza” che, in verità, è quanto sembrano muovere i baldanzosi “cristiani” per il “Vespro” di fine agosto.
Intanto in “aprile” (nella terza decade) una ”Casa d’Aste Gliubich” fa notizia, nel Palazzo Cipolloni Cannella (Già Camponeschi, poi Bonanni).
La famiglia ungherese, trapiantatasi in città, conta un patrimonio di valori (opere d’arte, artigianato artistico, libri antichi, ecc…) da fare invidia a qualsivoglia altra città ansiosa di poterli acquisire per la costituzione o integrazione del proprio museo
Il nome dei Gliubich, con o dentro la Casa d’Aste attuale, annovera dei precedenti a L’Aquila.
Si ne ricordano: “Marcello” (tra le aule dell’antico Istituto Tecnico del “Rendina”), “Goffredo” (il colto edicolante in Via XX Settembre, nei pressi degli uffici dell’ex INAM).
Che oggi vi sia un Gianluca Gliubich, (antiquario della seconda generazione), quale fondatore e amministratore unico della “Gliubich Casa d’Aste”, è davvero una buona realtà se si consideri che le “Collezioni Picalfieri”, prese il volo a suo tempo per un’asta a Genova; la Collezione “Tre Marie”, parzialmente acquistata dall’ex Cassa di Risparmio dell’Aquila (Oggi BPER) che non ebbe a presentare nella Città almeno un catalogo.
L’ex “Museo Civico” è, inoltre, ancora di là da venire, e chissà che non rivelerà altre negative sorprese.
Restiamo, allora, nella nuova felice memoria: una precedente Collezione Cliubich (al tempo del citato “Marcello”) è finita nella prestigiosa sede della Fondazione Tercas, in Palazzo Melatino, a Teramo.
Nelle 300 ceramiche antiche, figurano una buona parte effigiate dalla Ceramica di Castelli d’Abruzzo; oltre a porcellana europee ed orientali, (tra il XVI e il XX secolo).
Sono comunque assenti quelle dello scomparso marchio dell’ex Ceramica di San Bernardino” a L’Aquila.
Come ci dimostra la presenza della Casa d’Arte citata, la “Nuova Arte” oggi appare fuori il Palazzo Margherita.
Se ne ha un’ulteriore conferma in quanto offerto dal “Maxxi” a Palazzo Ardinghelli e all’appena riqualificata “Piazza Regina Margherita”
Nel “MAXXI” si è voluto tornato a parlare su quanto accadeva negli anni “Sessanta”, ovvero ciò che muoveva Enrico Crispolti: il giovane romano allievo di Leonello Venturi, che trovò, nel Presidente dell’EPT Emilio Tomassi e, soprattutto, con la disponibilità economica dell’allora Carispaq, un terreno fertile per realizzare i progetti nella sua ottica ‘d’avanguardia’.
Il Soprintendente ai Monumenti e Galleria d’Abruzzo e Molise dell’epoca, Prof. Guglielmo Matthiae, aprì il portone del Forte dell’Aquila per le esposizioni.
Nel 1962 si teneva la prima rassegna, “Alternative Attuali” con una antologica dedicata ad Alberto Burri.
Qualche anno dopo giunsero anche: “Alternative Attuali 2”, “Alternative attuali 3”, “Aspetti dell’Arte Contemporanea”; con altre antologiche: Magritte, Mirko, Baj, Cagli, Fontana, Quaroni.
Nelle prime rassegne ci si avvaleva anche della collaborazione di Antonio Bandera, Sandro Benedetti e Paolo Portoghesi (i due ultimi per la sezione architettura).
Infine lo storico romano volle restare solo.
Al di là dei pur innegabili valori storici e contemporanei, le rassegne dal 1962 al 1965, sollevarono non poche critiche per l’assenza di alcuni importanti artisti.
Negli anni Sessanta, a L’Aquila, nel Castello si tenevano anche le rassegne regionali biennali dell’Abruzzo e Molise.
La “V Mostra” (1966) fu l’occasione per mettere in chiaro le scelte con l’esclusione di molti artisti abruzzesi e molisani.
Ne scaturì un’ampia convergenza degli artisti esclusi con la proposta di un’ anti-biennale che prese il via proprio nel primo piano del Palazzo Bonanni, nella Piazza Regina Margherita che oggi è tornata a bella vista.
L’anti – biennale si presentò con il titolo “Realtà figurativa d’abruzzo”.
La sua proposta varcò i confini della città e dell’Abruzzo.
Anche qualche “Terza pagina” di quotidiani dette risalto alla vicenda.
Solo dieci anni dopo, nel 1987, Crispolti tornò a L’Aquila con l’idea di mettere da parte la polemica, riunendo accettando qualche proposta da un gruppo di più o meno addetti ai lavori locali.
Dalla riunione all’EPT, scaturì la mostra “Alternative Attuali / Abruzzo ‘87”.
Si ebbe una nuova manifestazione del ‘fare’, della sua politica rimasta incastonata in un catalogo regionale e, talvolta, con rivolti critici e confuse presenze artistiche provinciali.
Nel grande calderone, qualcuno preferì restarsene in disparte.
Il moto dell’Aquila, “Immota manet”, che si legge sul portone al Forte dell’Aquila, ben chiarisce il seguito della vicenda dopo il catalogo del 1987.
Qualche scomparso o improvvisato protagonista a suo tempo artefice del ‘successo’ potrebbero oggi vantarsi di aver contribuito a mettere la parola fine alle grandi rassegne di arte contemporanea.
La proposta del MAXXI, sul Convegno legato alle vicende di cui si è fatto appena cenno, era l’occasione per un approfondimento ‘critico’ degli eventi negli anni Sessanta, delle ragioni culturali e politiche che portarono alla rivolta, a i “Moti ‘71”, su quanto è davanti agli occhi di tutti.
L’appuntamento odierno, ristretto alla rilettura di qualche catalogo, lascia l’amaro in bocca e, purtroppo, fa pensare ad una strategia culturale artefatta che non smentisce la “Nuova Arte” nata dagli errori del passato a partire dagli anni Sessanta del secolo alle nostre spalle.