L’Aquila, ricordi su Antonio Centi “Gentiluomo-batterista”
Ma come: avevi cinque anni meno di “dic” è hai anticipato la mia “Uscita” che verrà!
Non voglio uscire dalla storia umana ma apro la memoria.
Poiché, caro “Antonio” (consentimi ora il tono fraterno) chi conosce il tuo passato da “batterista”, sulla bella scena musicale ‘scolastica’ aquilana, il “titolo” ti spetta.
Ben altro vada ai ‘musicanti’ attuale.
Negli anni “Cinquanta”, al tempo dei calzoni corti (Io, però, li ho voluto sempre lunghi), ci s’incontrava al salone delle feste nel “Grande Albergo” Aquilano, angolo della Villa Comunale.
Il Maestro (Sorrentino per la cronaca del tempo) dirigeva l’orchestra fino alla mezzanotte o qualcosa di più.
Al termine delle ‘danze’ “tu” riponevi, il tamburo, la gran cassa, il piatto, e gli altri strumenti da riportare a casa; magari pensando già al nuovo ballo.
Ballavamo con visi limpidi, senza maschere.
Eravamo studenti incuranti della neve che copiosa imbiancava, da dicembre a marzo, “Aquila”.
La città aveva cambiato nome.
Divenne ed è rimasta: “L’Aquila”.
Con lo ‘zampino… fascista’.
Il giocoso arrivo della politica regionale, segnata dai gruppi che si avvicendarono dalla città (specie quelli provenienti dalle frazioni), misero poi in ginocchio l’antica stirpe aquilana: sempre meno in linea con la stirpe di quel Camponeschi che sfidò Braccio da Montone.
Al ‘capitano di ventura’ l’assedio della città costò caro quando ebbe a ridestarsi lo spirito patriottico cittadino che oggi non c’è più.
Faccio un salto indietro nel tempo: 1971.
Traggo dalla memoria.
Tu eri nel Consiglio Regionale.
Nella grande sala, spiccava il famoso “Bestie da Soma” di Teofilo Patini.
Poteva suggerire riflessioni sulla vita e sui valori umani del passato, sul futuro.
Invece, il “capoluogo di Regione” venne messo su un calesse a quattro cavalli che galoppò alla volta di Pescara.
Non vi è stato mai ritorno.
Già: “I Moti del 1971”.
Nel nuovo Regime, al “capoluogo mancato”, venne concesso l’Assessorato Regionale alla Cultura. Lascio alla storia il seguito.
Ricordiamo insieme?
Gigi Proietti ebbe a minacciare l’abbandono della direzione artistica dell’esistente Teatro Stabile dell’Aquila.
Ma in “Teatro Stabile d’Abruzzo” cambiò il primo Consiglio Regionale.
Così la sede del capoluogo d’Abruzzo andò in gloria.
Non il nuovo debito del TSA: riparato per grande gioia di chi la aveva fatto riaccumulare (NdR. Era la seconda volta) e che ora poteva pavoneggiarsi salendo su e giù per le scale del Teatro Comunale dell’Aquila.
Era il tempo del “Trio” (F.C.G.).
“L’Aquila non è fascista” si lesse sui manifesti in occasione dei “Moti ’71”.
Vero o falso?
Il reportage fotografico che realizzai a quel tempo e che in parte inviavo a richiesta dei giornali nazionali e stranieri, è ancora nel mio cassetto.
Torniamo tra noi.
Alla scomparsa e alla sensibilità umana del ‘batterista.
Tutti, da Destra a Sinistra, dall’Adriatico al Gran Sasso, da Roma e….. a piangere e a manifestare il cordoglio per la scomparsa di Antonio Centi, avvenuta il 20 agosto 2024.
Eppure da diversi anni da ex Sindaco Aquilano (in carica dal 1994 al 1998), nato a Barisciano, te ne eri andato a Tortoreto.
Nonostante i 17 km che separano Tortoreto da Roseto degli Abruzzi non ci siamo mai incontrati.
“dic” venne però accolto con la famiglia dall’On. le Pio Rapagnà e dagli amici filatelisti locali, dopo sisma del 2009.
Ero stato buttato sulla strada per un’abitazione dichiarata “agibile ma non abitabile”.
Così la nuova “sinistra” governava anche la ricostruzione nel dopo sisma 2009.
Non ci sono stati più incontro tra te (“Antonio”) e me (“dic”).
Solo ricordi?
Tesi la mia mano (“di rispetto”) all’Auditorium di una Carispaq che oggi non c’è più; la banca è stata assorbita dalla BPER.
Nei rari incontri a Piazza Palazzo, eri Sindaco (1994.1998) ti lasciavi andare con una “battuta”: “Attento a quei Due!”.
I “Due” erano la faccia del giornalismo ribelle che non si piegava a certe gestioni dentro e fuori dei Palazzi. Il Duo?
Ma “Peppe” e “dic”.
Di certo, se avessimo gustato il caffè ad un bar, in Tortoreto, pur presente il fedelissimo Palmerini (tuo amico nella scena amministrativa e nella politica culturale locale), “dic” e “Antonio” avrebbero avuto molte cose da raccontarsi i rispettivi trascorsi.
Caro “Antonio”, che ne è stato del nostro tempo?
Ho letto tra gli “addii”, in particolare su “il Pescara” del 20 agosto 2024: “il mondo politico e culturale abruzzese dice addio…”.
Pur apprezzando l’intervento del giornalismo Adriatico mi sono chiesto quali pedine ha mosso il cittadino di Barisciano per salvare la famosa “Collezione Pellicciotti”.
Il Sindaco del tempo che fu, Senatore Enzo Lombardi, l’aveva ricevuta in dono al Comune dell’Aquila (anni Novanta) dal noto Collezionista Italo Angelis.
Poi, però è arrivata la “guerra” e un ‘generale’ ha perso la battaglia legale mossa dagli ex eredi dell’artista che pure erano stati esclusi con la “donazione’ che, indirettamente, annoverava anche una firma “dic”.
Tra un sorso di caffè e l’altro, al bar in Tortoreto, ti avrei detto: Hai visto che fine ha fatto il ”Ristorante “Tre Marie” con la sua “Collezione d’Arte”. E……
Pensa ora si inneggia alla “Città delle Cultura”.
Chi non la vuole?
Ma dopo quanto detto……..
Avrei messo sul tavolo altri fatti.
Magari per chiarirmi su quanti hanno gestito i palazzi politici e amministrativi e, soprattutto, le Istituzioni culturali.
Scusami “Antonio”.
Mi pesa nel cuore importante “Arte sfuggita”: l’album di Nestore Leoni (1662-1947).
Era custodito nel bel mobile dell’artigianato aquilano, nella stanza del Sindaco nel Palazzo in Corso Vittorio Emanuele.
Vi è stato mai trasferimento?
La memoria vuole che nel prezioso album (NdR. Editoria di gran pregio, con nervi, fregi, titolo a secco, chiusura in pelle e metallo), il famoso grafico aquilano, lasciasse in dono al Comune, tutto il preziosissimo contenuto: i disegni originali per “La dichiarazione d’Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti d’America”, ”La Carta Costituzionale della Repubblica Argentina nel Centenario dell’Indipendenza”, i bozzetti per le edizioni uniche e rase pubblicate dall’University Press di Cambridge (USA), i Codici della Guerra 1915-18, i “Titoli di Stato e i progetti di carte-valori”, I “Progetti per il nuovo Stemma reale e per quello d’Italia.
Caro “Antonio”, che tu fossi un “gentiluomo” era noto dal tempo del “batterista”.
Ma vedi.
Nella mia breve esperienza televisiva locale (Video Drim) ho lavorato con un certo “Editore”, ritenutosi e considerato un “gentiluomo”: ottenne la firma dagli amici su un ‘documento’; evitando di mettere la sua. Finì che ogni firmatario dovette sborsare 10 milioni di lire per liberarsi dalla morsa della banca che aveva assicurato il prestito finito non si sa dove.
Ebbene quel “gentiluomo”, in una conferenza stampa al Palazzo dell’Emiciclo, nel Consiglio Regionale d’Abruzzo, mi dichiarò la sua estraneità…. Acqua passata.
Tuttavia, il “gentiluomo” non riuscì a brindare difronte con il Suo estasiato politico.
Il tempo li ha cancellati entrambi.
Ciao, Antonio”.
Più ti scrivo e più sussultano i ricordi.
Sembra che la tua “batteria” sia andata scaricandosi nel corso della lunga militanza politica.
Mentre io continuavo a scrivere.
Colpa della politica?
Oggi, è sopraggiunta anche l’”Intelligenza Artificiale”.
Nelle nostre piazze comunali, nel paino antistante la facciata di Collemaggio, c’è l’assordante ‘pacchia musicale’.
“Buon viaggio, vecchia conoscenza!”
Ora sei più lontano.
“Peppe” se n’è andato da qualche anno con tutto “L’Editoriale” al quale avevo assicurato anche la registrazione nel tribunale aquilano.
“Uno” è ancora sulla piazza; è il “dic” pubblicista “scomodo” sgradito agli affaristi della politica.
Quello che con faccia tosta pubblicava “abruzzo az 60”.
Non ho avuto mai occasione per dirti sul primo pubblicista.
Allorché “dic” smise di scrivere su una “Cronaca dell’Aquila”, inviò un telegramma tout court all’Editore romano (questi molti anni più tardi, lasciò Roma per Genova per “Il secolo d’Italia”).
Il nome del giornalista aquilano ebbe così ‘l’onore’ di figurare (ben quanto “indesiderato”), nella bacheca del giornale romano in Via del Tritone.
Nel mentre, gli altri ‘colleghi’ pubblicisti (aquilani?) tacquero o si sottomisero.
Qualcuno immaginò la strada spianata verso la ‘carriera’ e forse la firma di un ‘contratto’.
Giunse però dal chietino, Guido Polidoro, e la redazione aquilana tornò a fare cronaca.
Ma questa è un’altra delle tante storie su cui potrò scrivere, chiamando in causa i protagonisti, svelando le accumulate disfatte politiche, le trasformazioni, la scomparsa delle strutture, dei valori e delle istituzioni culturali.
Del resto, il sisma del 2009 ha appiattito ulteriormente con le sue macerie divenute anche terra di conquista a favore degli eredi mercenari del Braccio da Montone.
“Caro amico, ti scrivo, / così mi distraggo un po’. / E siccome sei molto lontano, / più forte ti scriverò. […] Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno / Ogni Cristo scenderà dalla croce / Anche gli uccello faranno ritorno / Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno. / Anche i muti potranno parlare. / Mentre i sordi già lo fanno“.
Così’ cantava Lucio Dalla sulla TV, a Capodanno, per l’anno in arrivo.
Purtroppo, i muti non parlano e iI popolo non ascolta.
Nel Giubileo del Papa del Morrone si è dunque scatenata la pacchia: la musica è stordente supportata dall’Intelligenza Artificiale.
A “Te” debbo raccontarlo.
Mi riecheggia: “Emidio o o o …!”.
Quest’urlo ha fatto tanta strada.
Risuonò da un capo all’altro nella grande piazza all’entrata in Milano.
Era la voce di Alvaro Iovannitti.
Il parlamentare era insieme a Vittorio Giorgi.
I due deputati del Partito Comunista Italiano erano stati eletti nel Collegio aquilano.
Il primo giungeva dalla Frazione di Paganica-L’Aquila, il secondo dal vicino Comune di Pizzoli. Nell’incontro (tra amici) il grafico aquilano (non aveva però tessera di partito) disse che portava il proprio “logo” per la “Triennale di Milano”.
Era il 1971.
Seguì il caffè che Alvaro volle pagare.
Due “Gentiluomini” della ‘bella’ classe politica aquilana che non c’è più.
F.to: “dic”.