19 Ottobre 2024
Italia e Mondo

Isernia, il ritorno del Papa Santo, giornate dedicate a Celestino V

“Il ritorno del Papa Santo a Isernia”: giornate dedicate a Celestino V e alla novità editoriale di Giorgio Greco, Stefania Di Carlo, Elena Pulega, Ilio Di Iorio.

Tra 13 e il 15 ottobre 1294 Celestino V transitava per l’ultima volta a Isernia, sua città natale, ove incontrò suo fratello Nicola e i nipoti Guglielmo e Pietro. Difatti, partito da L’Aquila, dopo l’incoronazione papale, stava per porre la sua residenza ufficiale a Napoli in territorio angioino, sollecitato in ciò dal re Carlo II d’Angiò, tra l’altro suo amico e benefattore.
La tappa isernina è sottolineata da Biagio Cantera, Giuseppe Celidonio, Claudio Palumbo e Ugo Paoli-Paola Poli nel libro delle “Bolle di Celestino V”.
Sui natali, parlano tutti i documenti presenti nella Diocesi isernina.
A rievocare l’evento ci ha pensato non solo la Diocesi di Isernia-Venafro, ma anche il Comune, la Provincia e la Proloco con tre giorni consacrati a elogiare il grande conterraneo su cui, ancora oggi, scorrono fiumi di inchiostro e non solo per l’attribuzione impropria di Inferno III, 58-60.

Dopo una prima giornata (13 ottobre), dedicata a un’escursione sui luoghi celestiniani nei dintorni di Castel di Sangro (eremo di Villa Scontrone e chiesa di san Nicola, come indicato nell’”Autobiografia”), si è tenuto, il 14 ottobre, in primis un appuntamento con la visita virtuale tra Celestino V e Andrea di Isernia presso il Liceo Classico; quindi, la presentazione del libro «La rinuncia di Celestino V: un “casus belli dei canonisti”» a cura di S. DI CARLO – I. DI IORIO – G. GRECO – E. PULEGA, ed. Spazioarte, 2024.
A introdurre i relatori, il Vescovo di Isernia-Venafro, S. E. Mons. Camillo Cibotti, tra l’altro autore della prefazione del libro che, nell’occasione, ha precisato l’importanza della rievocazione, giunta alla sesta edizione e caratterizzata da un défilé in costume dell’epoca con dialoghi, sotto la direzione della Dott.ssa Emilia Vitullo, progetto realizzato dall’allora Vicario, don Claudio Palumbo con la collaborazione degli amici della Proloco. Lo stesso sacerdote, oggi, vescovo-collega nella sede di Trivento, ha ugualmente dato impulso alla Società degli Studi Celestiniani che ha l’obbligo di riscoprire e valorizzare la figura di Pietro Angelerio archiviando anche gli innumerevoli volumi che su di lui nel mondo sono stati scritti. Anche don Girolamo sta lavorando in tal senso.

Tra i saluti istituzionali particolarmente apprezzato è stato l’intervento del Sindaco, Dott. Piero Castrataro, che ha voluto additare la «figura di Celestino come uomo di pace in un momento così triste per l’umanità intera, dilaniata da conflitti anche in Europa». Anche il Dott. Daniele Saia, Presidente della Provincia, ha precisato come «la storia insegni attraverso eventi significativi l’importanza di luoghi poco conosciuti. Isernia ne è un esempio. Celestino V è stato un uomo deciso, determinato e amante della fede».
Il Dott. Domenico Taglieri, Presidente della Fondazione Carispaq, ha sottolineato come la Fondazione è stata lieta di contribuire alla divulgazione di un volume a quattro mani sulla rinuncia di Celestino V; libro che è stato presentato a Sulmona e a L’Aquila con successo per cui risulta già quasi esaurito, ricevendo tra l’altro anche apprezzamenti da S.E. Mons. Bruno Forte, arcivescovo di , e da S.E. Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne.

L’intervento del Dott. Adriano Monti Buzzetti Colella, Presidente del Cepell e Capo redattore del TG2 della RAI, impossibilitato a essere presente poiché impegnato con il Ministro della Cultura a Francoforte, ha inviato uno scritto nel quale ha voluto indicare i pregi della pubblicazione, trattando un argomento di diritto canonico che, da giovane, lo coinvolse anche per l’esame di stato da giornalista. Nello specifico ha detto: «Insieme alla frustrazione dell’uomo, e ai tentativi affannosi che compie per sciogliere i dilemmi che lo opprimono, leggiamo però anche il rigore e la cura pastorale di un degno titolare del ministero petrino; il quale, se da un lato ritiene sinceramente di creare danno all’orbe cattolico nel governarlo – a suo giudizio – con un vistoso defectus scientiae, dall’altro prima di gettare la spugna vuole fare le cose “secondo le regole”: cioè facendosi prima autorevolmente consigliare dal collegio dei cardinali, quindi valutando con attenzione i pro e i contra del suo discernimento, e infine formalizzando il suo sottrarsi con degli atti giuridici solenni (statutum, declaratio eccetera) affinché l’organismo ecclesiale “metabolizzi” il trauma istituzionale, riducendo al minimo lo sconcerto e la confusione. Ne emerge il ritratto di un pastore d’anime forse troppo poco fidente nei propri mezzi, ma non privo di oculatezza e raziocinio, oltre che premurosamente sollecito verso il proprio gregge. Qualità che contrastano senz’altro con la vulgata, decisamente troppo riduttiva, di un Papa “dilettante” capitato quasi per caso sul trono del Principe degli Apostoli».

Anche S.E. Mons. Camillo Cibotti ha inteso sfatare l’immagine di Celestino come uomo illetterato e incolto. Ha detto: «Di norma anacoreta-eremita è per la gente sinonimo di semplicità e di ignoranza, ma non è così. Nel caso di Celestino V parlano gli scritti e le opere di vari studiosi». Per giunta la «vicenda di Papa Benedetto XVI l’ha riportato in auge per quel “trauma istituzionale” ben delineato dal Dott. Adriano Monti Colella Buzzetti». Ricordando il suo incontro a Manoppello con il Santo Padre nel 2006, quando lui era parroco della Santissima Trinità, ha tratteggiato la figura del papa tedesco, rigorosa nel presentarsi ma anche profondamente umana. Successivamente, ha evidenziato la meraviglia della rinuncia che colse di sorpresa anche il Segretario, Padre Georg Ganswein, quindi le lacrime dei cardinali, lo studio della questione canonistica-teologica condotta in silenzio da Papa Ratzinger, prima della nota “declaratio”. Ha, poi, indicato l’attualità di Celestino V nell’attenzione al sociale, agli umili come fa oggi Papa Francesco. «La sua fu una dolorosa e motivata rinuncia; non si fece strumentalizzare; fece un atto di coraggio. Diede uno schiaffo alla politica del tempo, affermando una Chiesa non serva dei potenti, una Chiesa non guidata alla stregua di un regno. La sua scelta non fu una pazzia ma un volere restare e tornare alla semplicità».

La Prof.ssa Stefania Di Carlo, anche a nome dei colleghi Giorgio Greco dell’Università Cattolica di Milano, della Prof.ssa Elena Pulega, e del compianto latinista di Sulmona Ilio Di Iorio, ha ripercorso la storia di Pietro da Isernia a Fumone sulla base della testimonianza del cardinale Jacopo Gaietani Stefaneschi, autore dell’”Opus metricum”, soffermandosi, poi, sulla crisi di coscienza che condusse Celestino V a rinunciare alla più alta carica della Chiesa. Ha indicato come il 10 dicembre la Casa di Nazaret fu trasferita miracolosamente dalla Dalmazia a Loreto e come dopo il 13 dicembre, Celestino V, tornato a essere l’eremita Pietro, guarì uno storpio. Infine, ha illustrato la “Nisi cumpridem” di Papa Innocenzo III, la necessità di una “causa iusta” di rinuncia, la distinzione tra “potestasordinis” e “iurisditionis”, l’importanza dello “statutum” elaborato da Celestino V per consentirgli di dimettersi, poi inserito nel “Liber sextus” delle Decretali di Papa Bonifacio VIII. Nel concludere sulla legittimità dell’abdicazione celestina in forza degli scritti dello Spirituale, Pietro di Giovanni Olivi, e dell’agostiniano, Egidio Colonna o Romano, ha anche voluto sfatare come, dietro all’innominata figura dell’innominato della terzina dantesca, non si possa individuare Celestino V ma si celi il cardinale Matteo Rosso Orsini; ciò dicasi soprattutto grazie alla testimonianza del sacerdote Siegrifried von Balhausen, parroco di Erfurt, che visitando , ebbe notizie direttamente dai Colonna.
Un momento davvero spirituale è seguito all’incontro di studio nella cattedrale di San Pietro Apostolo ove nell’omelia S.E. Mons. Camillo Cibotti ha segnalato «Celestino V non da memoria estemporanea, ma un uomo di Dio che fece un atto di coraggio e agì nel solco del messaggio evangelico».
Il défilé storico della giornata della chiusura (15 ottobre) ha concluso un “triduo” che non ha l’intenzione solo di rievocare, ma anche di fare conoscere, promuovere e incentivare l’attenzione delle nuove generazioni su una figura rappresentativa di santo (a Isernia è “il santone”) sempre attuale.

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